La Sardegna è un’isola: grande e di complessa conformazione geografica, con tante possibilità di sviluppo e una densità abitativa ridottissima. Potrebbe essere uno Stato, ma la sua storia ha preferito assegnarle lo status di regione e come tale inserita dentro un più ampio contesto statale.
Purtroppo, questa destinazione regionale ha comportato tante imposizioni esterne, che non sembrano tali solo perché recepite da istituzioni di governo territoriale, le quali ne hanno dato l’avvallo, senza consentire realmente sviluppo ad una terra considerata un tempo “di confino”. Così noi abbiamo conosciuto la storia: delle raffinerie, del petrolchimico, dell’estrazione nelle miniere e tante altre perle industriali, che poco di concreto hanno lasciato, se non disperazione al loro passaggio.
Anche guardando con occhio innocente i festanti fumaioli della Saras, si comprende come tutto quel putrido fumo tossico non potrà mai bilanciare il costo delle vite consumate dal cancro e degli stipendi erogati ai lavoratori del posto. Eppure qualcuno guadagna, e ci guadagna tanto. Non lasciando niente di concreto e durevole nel territorio, cosicché, esattamente come è accaduto a Porto Torres o altre strutture produttive, l’esaurimento dell’interesse estrattivo determinerà la devastazione di una società.
Perciò il gioco del grande illusionismo: aspettare che qualche supereroe porti una soluzione geniale dalla “terra ferma”, così da soddisfare le nostre necessità primarie e darci da vivere (fino a quando ce lo consente!). Se la spina viene staccata, davanti a noi solo la fame e la disperazione.
Quello che abbiamo conosciuto nella nostra storia è questo. Di conseguenza, la contestazione legittima contro pale eoliche, pannelli solari, gasdotti o centrali di ogni provenienza e destinazione; deriva dai trascorsi dolorosi di un’isola ormai destinata ad essere un villaggio turistico per alcuni, una centrale elettrica per altri.
Si chiede rispetto per chi ci vive. Si chiede alla politica di non prendere in giro con discutibili dichiarazioni, davanti ad un silenzio maturato negli anni da ogni opposizione o maggioranza.
Ci si chiede perché, dopo quasi 80 anni di Repubblica Italiana, la Regione Sardegna sia sempre riuscita a fare gli interessi di altri, che non sono i sardi. Ci si chiede perché questa isola sia allo sbando, malgrado le risorse che le sono state destinate.
Più rispetto.